La nostra intervista a Elisa Tosi, capitana delle Leonesse del Garda, da "EllediGì Magazine" di Novembre 2019.
Una carriera, per molte, invidiabile. Più di vent’anni passati sull’erba dei campi da calcio. Dai palleggi in strada all’A2, fino ad arrivare a vestire la maglia verdeblù con la fascia da capitana al braccio: Elisa Tosi, classe 1982. Mestiere: difensore (ma non solo) e leader delle Leonesse del Garda.
Abbiamo fatto una bella chiacchierata, dove “Mimo”, così veniva chiamata dalle compagne all’inizio della sua longeva carriera per via del suo essere riservata e di poche parole (cosa che a noi, sinceramente, non è sembrato!), si è raccontata a 360 gradi, tra allenamenti, studio e fisioterapia.
Elisa, a te le bambole non piacevano proprio. Meglio scendere in cortile a prendere un po’ di aria, giusto?
“Esatto, ho iniziato giocando per strada, con i vicini di casa. Tiravo calci al pallone finché non veniva buio. È una passione che è nata senza motivo, non me l’ha trasmessa nessuno: è arrivata e basta. Di sport, poi, ne ho provati tanti, soprattutto quelli di squadra ma nessuno di questi mi dava ciò che il calcio mi ha dato e tutt’ora mi sta dando. Ormai gioco da 22 anni: posso dire di essere una veterana!”
Come ha avuto inizio la tua carriera professionistica?
“All’epoca, di squadre femminili non se ne vedevano tante, anzi. Per questo motivo ho iniziato relativamente tardi, a 15 anni. Dopo una breve parentesi a sette, ho sempre giocato a undici, perché per me il calcio è quello!”
E, in 20 e rotti anni, qualche città l’hai girata.
"La mia prima squadra è stata il Guidizzolo, poi sì, ho girato in parecchie province: Brescia, Mantova, Bergamo e Verona. Le mie esperienze più importanti, però, sono state al Porto Mantovano, con cui abbiamo vinto la serie B, poi il Mozzanica, con cui ho giocato, oltre che in B, in A2. Qualche annetto l’ho fatto a buoni livelli.”
Poi, l’approdo sulle sponde del Garda.
“Ho abbandonato l’agonismo definito da A e B perché, con il lavoro, era per me impensabile fare 70 km per andare a giocare, non ci stavo più dietro e quindi ho preferito avvicinarmi a casa. Sono alla Feralpisalò da quando è nata la squadra, e ormai sono qui da tre anni."
So che ci sono stati dei grandi cambiamenti quest’anno. Da capitano, come vedi l’ambiente?
“Sì, abbiamo cambiato tante ragazze quest’anno, in una decina se ne sono andate ma sono arrivate molte ragazze di qualità e che conoscono bene la categoria. Non siamo tante a livello numerico, ma qualitativamente siamo ben attrezzate, questo sì. Inoltre, ci sono le ragazze della nostra juniores: all’inizio si allenavano a rotazione con noi, adesso ce ne sono 3 o 4 praticamente in pianta stabile. Stanno crescendo anche loro e anche se bisognerà avere un po’ di pazienza perché c’è bisogno, comunque, di una certa preparazione, si stanno comportando veramente bene.”
Che impatto ha avuto questo cambiamento?
“Non siamo partite bene quest’anno; abbiamo sofferto il salto di categoria e il ricambio di tante ragazze e quindi ci sono servite un po’ di partite per riuscire a trovare l’equilibrio giusto. Il gruppo, tuttavia, è veramente buono e ci troviamo benissimo, infatti nelle ultime settimane siamo riuscite ad invertire il trend e questo grazie all’attitudine della squadra. Mettiamo sempre in campo tutto quello che abbiamo: grinta, aggressività agonistica e voglia di vincere, e i risultati non hanno tardato ad arrivare e sono stati fondamentali sia per la classifica, sia (e soprattutto) per il morale. Guardare adesso la classifica non è giusto, perché come detto abbiamo avuto le nostre difficoltà, ma adesso giocheremo tutte le partite come fossero delle finali e quello che succederà, succederà. Noi daremo sempre il massimo.”
Questo, anche grazie al gruppo di collaboratori che, come ho già avuto modo di vedere, sono sempre lì per voi.
“Stiamo lavorando veramente bene sin dal primo giorno. Lo staff, che tiene a noi in modo indefinibile, ci mette nelle migliori condizioni possibili per esprimerci al meglio e c’è impegno massimo da parte di tutti. Questo, in tante realtà calcistiche che ho vissuto, non l’ho mai visto da nessun’altra parte. Ci tengo a sottolineare quanto siano straordinarie tutte le persone che lavorano con noi e per noi, sia a livello di preparazione, ma anche e soprattutto a livello personale. C’è un clima stupendo ed è molto più facile lavorare con persone che stimi. Un grazie sincero al nostro club."
Oltre al calcio, so che ti piace parecchio studiare!
“Prima ho studiato scienze motorie, adesso sono laureata in fisioterapia e questa è la mia occupazione principale, in più sono all’ultimo anno di osteopatia.”
E quando non devi dividerti tra il campo da calcio e la fisioterapia, come ti distrai?
“Tra lavoro, allenamenti e domeniche impegnate da 22 anni non riesco a coltivare tanti hobbies, purtroppo. Quando non gioco a calcio, lavoro, quindi di tempo purtroppo non ne ho tantissimo – afferma ridendo – ma amo viaggiare. Due o tre volte l’anno riesco a ‘scappare’ in qualche parte del mondo, fortunatamente. Poi, amo la montagna: è la mia idea di estate. Passeggiate al fresco, altro che spiagge affollate!”
Negli ultimi anni il calcio femminile è arrivato ad avere sempre più importanza anche in Italia. Pensi che la direzione sia quella giusta?
“Sicuramente. Il calcio femminile in Italia sta crescendo tanto, soprattutto da quando le società professionistiche di serie A e B hanno creato e dato sempre più importanza ai reparti femminili. Inoltre, quasi tutte le società femminili, anche quelle minori dell’eccellenza e della promozione, hanno cominciato ad allestire al loro interno anche i settori giovanili. Sono dei passi avanti importantissimi. Non siamo ancora ai livelli di altre realtà europee, o come quelle di Stati Uniti e Giappone, per citarne alcune, ma guarda anche solo la Nazionale: agli ultimi mondiali siamo andate ben sopra le aspettative. Anche a livello di club, Juventus, Fiorentina, ma anche lo stesso Brescia di qualche anno fa, stanno alzando l’asticella. La strada è sicuramente quella giusta per arrivare ai livelli che il calcio femminile merita.”
Ha già cominciato a rimbalzarti in testa l’idea di smettere o ti vedremo ancora qualche anno sui campi da calcio?
“Sono arrivata ad un punto dove valuto di anno in anno. Mi è sempre andata bene perché non sono mai stata soggetta ad infortuni gravi e fisicamente riesco ancora a rendere. Ho dato tanto al calcio e lui ha fatto altrettanto con me e adesso ho la fortuna di poter decidere io quando smettere, anche se so che sarà un momento veramente difficile, che sia fra uno, cinque o dieci anni. Dopo così tanto tempo so già che verrà a mancare qualcosa di fondamentale.”
E dopo aver appeso gli scarpini al chiodo? Non hai mai pensato ad una carriera alla Carolina Morace?
“In passato, quando ero ancora studentessa, ho allenato a livello di giovanili maschili. Da quando ho iniziato a lavorare, però, è difficile se non impossibile con le tempistiche. Pensare di allenare una squadra femminile, per me, è difficile: devi essere a disposizione a 360 gradi, dagli allenamenti alla sfera psicologica. È un impegno non da poco. Come detto, mi sto specializzando in diversi studi, quindi so già quale sarà la mia strada.”
Pensaci bene Elisa, perché il calcio femminile ha bisogno di ragazze come te! Un grandissimo “in bocca al lupo” a te e a tutta la squadra delle Leonesse.